mercoledì 23 dicembre 2009

Costi di gestione del nucleare

Ricevo e pubblico:
"È vero che i costi del kWh nucleare non comprendono i costi di smantellamento degli impianti e di gestione dei rifiuti radioattivi, e che questi costi sono posti a carico della collettività? Secondo Legambiente è quanto è avvenuto in Italia in seguito all’uscita dal nucleare."

Risposta
Tanto i costi di gestione dei rifiuti radioattivi quanto i costi di smantellamento di un impianto nucleare sono a carico dell’esercente dell’impianto e sono portati in conto nel prezzo di vendita del kWh prodotto attraverso un’addizionale quantificata in modo da costituire la somma necessaria alla fine dell’esercizio dell’impianto. Questi costi concorrono alla composizione del costo del kWh di origine nucleare per circa 0,2 centesimi di euro per kWh prodotto (sono cioè trascurabili).
Lo stesso meccanismo è stato correttamente applicato per le centrali nucleari italiane. Ma essendo state queste fermate prima della fine della vita utile, la somma accantonata non era sufficiente per coprire i costi di smantellamento, che sono attualmente coperti attraverso un’addizionale sulla tariffa elettrica. Se le centrali nucleari italiane avessero continuato a funzionare questo problema non ci sarebbe stato.

"economia nucleare"

Ricevo questa interessante domanda da un nostro utente:
"Ma è vero che negli Stati Uniti dal 2005 è stata introdotta una nuova norma che consente alle società di accedere a un prestito federale agevolato per coprire fino all’80 per cento degli investimenti necessari alla realizzazione di un nuovo impianto? È vero che la legge assicura alle nuove centrali, durante i primi 8 anni di attività, un sussidio di 1,8 centesimi di dollaro per ogni kWh prodotto?"

La Risposta:
Entrambe le notizie non sono vere.
Per quanto riguarda la prima domanda, l’US Energy Policy Act del 2005 concede in realtà (ma solo ai primi 6.000 MW di impianti nucleari della terza generazione avanzata, in considerazione del fatto che si tratta di prototipi industriali) un credito agevolato (a tasso di interesse comunque superiore da 1 a 5 punti rispetto al tasso ufficiale di sconto) per l’80% dei costi di impianto e una garanzia di copertura degli oneri finanziari derivanti da possibili ritardi nelle attività di costruzione dell’impianto imputabili alla pubblica amministrazione (per accedere a questa forma di garanzia il costruttore deve comunque stipulare una apposita assicurazione a titolo oneroso). Non si tratta quindi di finanziamenti a fondo perduto ma di un credito a tasso di interesse molto vicino a quelli di mercato e che riguarda solo i primi prototipi industriali.
Per quanto riguarda la seconda domanda, gli incentivi introdotti dall’US Energy policy Act del 2005 si applicano sia al nucleare, sia alle tecnologie avanzate (pulite) di utilizzazione del carbone e del gas, sia alle fonti rinnovabili, e sono finalizzate all’ammodernamento e alla compatibilità ambientale del sistema di generazione elettrica. La tecnologia che si avvantaggia maggiormente degli incentivi è quella del carbone. Inoltre, il “sussidio” citato non è corrisposto come finanziamento ma costituisce un credito di imposta che si applica ai soli impianti di tipo innovativo, a copertura dei maggiori oneri sostenuti dall’esercente.

Legambiente e sussidi governativi per gli impianti nucleari

Tra gli argomenti sostenuti da Legambiente c’è quello relativo alla necessità di sussidi governativi per rendere economici gli impianti nucleari. Questi sussidi consistono nella concessione di fondi pubblici per il finanziamento degli impianti.

In realtà Legambiente fa riferimento all’epoca in cui i sistemi elettrici europei erano gestiti in regime di monopolio pubblico. In seguito all’apertura dei mercati elettrici avvenuta a partire dagli anni Ottanta le cose non stanno più così. Oggi gli impianti nucleari sono finanziati interamente da operatori privati (al massimo partecipati dallo stato) e devono quindi rispondere a canoni di economicità e redditività.
La descrizione dei meccanismi di finanziamento e di assicurazione dei rischi finanziari della centrale di Olkiluoto riportata nel dossier interpreta in modo errato la realtà. I tassi di interesse citati (2,6%) sono gli stessi applicati per importi analoghi dalle banche USA (1 punto sopra il prime rate locale) e sono in linea con le condizioni del mercato internazionale per il finanziamento dei grandi progetti. Il consorzio committente dell’impianto (TVO) è partecipato dallo stato al 43% ma è in maggioranza privato (57%) ed opera all’interno di un sistema elettrico gestito in regime di economia di mercato. Il fatto che nel montaggio finanziario del progetto entrino anche banche pubbliche non significa che i prestiti erogati siano soldi pubblici. Anche i meccanismi di garanzia a copertura dei rischi finanziari sono quelli tipici dei grandi progetti e riflettono le condizioni del mercato finanziario internazionale. In definitiva, il meccanismo di finanziamento della centrale di Olkiluoto è la trasposizione in Finlandia degli stessi meccanismi di finanziamento che hanno consentito di realizzare le 104 centrali USA, paese che non può certo essere accusato di tendenza allo statalismo e al monopolio elettrico.

Costi di costruzione di una centrale di terza generazione

I tempi di costruzione dichiarati dai costruttori degli impianti della terza generazione avanzata (AP1000 della Toshiba-Westinghouse e EPR della Areva-Siemens) sono di cinque anni, a partire dalla preparazione del sito fino all’avvio dell’esercizio commerciale. La costruzione della centrale di Olkiluoto ha un costo a preventivo di 3,2 miliardi di euro. Occorre tuttavia tenere presente che si tratta del primo reattore di quel tipo costruito nel mondo: è evidente che tempi e costi sono inevitabilmente soggetti ad incertezze. La costruzione dell’impianto di Olkiluoto (preparazione del sito) è iniziata nel febbraio 2004 e l’entrata in esercizio era prevista nella seconda metà del 2009. I ritardi sono dovuti all’imperizia delle aziende finlandesi alle quali il committente (la TVO) ha affidato il getto della piattaforma di fondazione del rettore (eseguito con una temperatura esterna di meno 20 °C) e la costruzione del liner interno dell’edificio reattore (i cui componenti hanno evidenziato difetti intollerabili). I ritardi potrebbero effettivamente differire l’entrata in esercizio della centrale alla metà del 2011, salvo possibili recuperi in fase di costruzione, ma non ci sarà un aumento dei costi,dal momento che le opere non conformi alle specifiche di progetto non saranno pagate. Nel frattempo, la costruzione del reattore gemello, che sta sorgendo a Flamanville, in Francia, procede invece regolarmente, nel pieno rispetto dei tempi e dei costi preventivati.

mercoledì 16 dicembre 2009

I costi del nucleare: legambiente

Pubblico un documento di Legambiente di agosto 2008 dal titolo “I costi nascosti del nucleare” nel quale si sostiene che i costi di costruzione degli impianti nucleari sono molto più elevati di quelli dichiarati dai costruttori, tanto da rendere gli impianti antieconomici.

L’economia degli impianti nucleari

L’opposizione agli impianti nucleari è argomentata, tra l’altro, con la presunta antieconomicità di questa fonte di energia. Si dice,ad esempio, che gli impianti nucleari sono eccessivamente costosi e che non sono in grado di competere con gli impianti di tipo convenzionale o con gli impianti che fanno uso di fonti rinnovabili. È vero che gli impianti nucleari sono molto più costosi degli impianti convenzionali: a parità di potenza installata, costano circa il doppio. Ma non è vero che siano antieconomici. Il parametro su cui si deve giudicare, infatti, non è il costo di impianto, ma il costo di produzione del kWh. Negli ultimi anni sono stati svolti su questo argomento una ventina di studi (da parte di organizzazioni dotate della massima attendibilità scientifica) che dimostrano come, nelle condizioni attuali del mercato, l’energia nucleare sia competitiva rispetto a quella prodotta con il carbone (la più economica tra le fonti fossili), costi la metà di quella prodotta con il gas, un terzo di quella prodotta con l’eolico e un decimo di quella prodotta con il fotovoltaico. Gli studi sono citati nel sito www.assonucleare.it e sono disponibili in rete.

martedì 15 dicembre 2009

Si discute di:

Querelle Rubbia - Veronesi sul nucleare: link da repubblica.it
Cosa ne pensate?

lunedì 14 dicembre 2009

Referendum nucleare in Italia

In relazione al commento precedende approfondirei l'argomento referendum ricordando che nell’87 non si chiese agli italiani di dire sì o no al nucleare, ma di abrogare alcune norme di legge finalizzate ad agevolare la costruzione di impianti nucleari e a carbone in Italia e a consentire alla costruzione e alla gestione di impianti nucleari all’estero. Il risultato del referendum non impediva di tenere in funzione gli impianti esistenti e di costruire nuovi impianti. L’interpretazione dei referendum in senso antinucleare fu una forzatura di carattere politico assunta in contrasto con i trattati internazionali sottoscritti dall’Italia; in particolare il Trattato Euratom, che impegna tuttora l’Italia, assieme ai paesi europei, a sviluppare l’energia nucleare. In secondo luogo perché l’assetto tecnico-economico del sistema elettrico italiano non può essere deciso dalla popolazione, ma dalle istituzioni preposte a farlo. In terzo luogo perché la Costituzione italiana non prevede il referendum consultivo, ma solo quello abrogativo.

Nucleare e sondaggi

Nel giugno 2008 un sondaggio Eurobarometer condotto dall’Unione Europea evidenziava che la pubblica opinione italiana (43% favorevoli, 46% contrari) era in linea con la media europea (44% favorevoli, 45% contrari) e su posizioni poco diverse da quelle di paesi che avevano impianti nucleari in funzione. Si tratta di un risultato eccezionale, tenendo conto che dal disastro di Chernobyl ad oggi la pubblica opinione italiana è stata investita da un’informazione a senso unico contraria all’energia nucleare. I sondaggi di opinione condotti nel 2008 (i risultati sono disponibili sul sito dell’Associazione Italiana Nucleare, www.assonucleare.it) mostrano che la maggioranza relativa (in alcuni casi assoluta) degli italiani è favorevole all’energia nucleare. Il risultato complessivo dei sondaggi mostra che i favorevoli (54%) sono più dei contrari (39%). Il sondaggio più recente, affidato dall’AIN all’ISPO di Mannheimer nell’ottobre di quest’anno (http://www.assonucleare.it/Giornate%20di%20Studio/Giornata%20AIN%202009/Studio%20ISPO.pdf), mostra che il 63% degli italiani è consapevole degli aspetti positivi del ritorno al nucleare, mentre il 37% evidenzia atteggiamenti critici. In particolare, il 44% degli italiani è favorevole alla costruzione di nuove centrali in Italia, mentre il 33% è contrario. Si tratta di una maggioranza relativa favorevole che potrebbe ampliarsi notevolmente se fossero avviate quelle iniziative di informazione e partecipazione che purtroppo sono totalmente mancate negli ultimi vent’anni.

L’energia nucleare e la pubblica opinione italiana

Chi si oppone alla riapertura dell’opzione nucleare in Italia sostiene che non ci sono le necessarie condizioni di accettazione di questa tecnologia da parte della pubblica opinione. Il disastro di Chernobyl ha determinato nella popolazione uno stato di timore che renderà impossibile realizzare in tempi brevi nuovi impianti. Cosa ne pensate?

mercoledì 9 dicembre 2009

Crescita della potenza nucleare

Le agenzie internazionali (ONU-IAEA, OCSE-NEA) prevedono con orizzonte 2030 una forte crescita della potenza nucleare installata nel mondo, crescita che sarà basata sui reattori attualmente disponibili sul mercato, e non sui reattori della quarta generazione. L’ONU-IAEA, in particolare, aggiorna anno per anno due proiezioni (una “bassa” e una “alta”) della potenza elettronucleare installata nel mondo. Nel 2008 entrambe le proiezioni sono state riviste verso l’alto e collocano la potenza installata rispettivamente a 473 GW (caso “basso”) e a 748 GW (caso “alto”) nel 2030 (IAEA, Nuclear Technology Review, 2009). L’OCSE-NEA (Nuclear Energy Outlook 2008) stima la potenza nucleare installata nel 2030 nel range 404-625 GWe. Le proiezioni pubblicate dall’US Energy Information Administration (International Energy Outlook 2008, US DOE 2008) stimano la potenza elettronucleare installata nel 2030 in 498 GWe. Come si vede, sono tutti concordi nel ritenere che ai reattori dell’attuale generazione sarà affidato un ruolo fondamentale.

La situazione nucleare in Europa

Nessun paese ha deciso, come l’Italia, di spegnere immediatamente gli impianti in funzione. I paesi che in passato avevano assunto decisioni restrittive sul nucleare hanno già revocato quelle scelte o lo stanno facendo. In particolare:
­- In Svezia nel febbraio 2009 la coalizione di governo ha revocato definitivamente la decisione di uscire gradualmente dal nucleare assunta nel 1988 e attuata solo in misura molto modesta con lo spegnimento di due unità delle 12 esistenti. Un sondaggio di opinione condotto a metà febbraio ha registrato il consenso del 62% degli svedesi.
­- In Germania i governatori dei cinque maggiori länder hanno chiesto nel 2008 la revoca della decisione assunta dal Governo federale nel 2000 di limitare nel tempo la vita operativa degli impianti nucleari tedeschi. L’attuale governo si accinge a revocare definitivamente quella decisione con l’approvazione della maggioranza dei tedeschi.
­- Il governo olandese ha già annullato la decisione assunta nel 1994 di spegnere nel 2003 l’unico reattore in funzione nel paese; anzi, nel giugno 2006 ha autorizzato l’impianto a prolungare l’esercizio fino al 2034. Nel settembre 2008 l’esercente della centrale ha chiesto l’autorizzazione a costruire un secondo reattore.
­- La Spagna non ha mai deciso di uscire dal nucleare: il governo Zapatero ha detto solo che ritiene sufficiente il contributo attualmente fornito dagli impianti nucleari (18% della produzione elettrica).
­- La Gran Bretagna ha avviato nel 2008 l’iter di localizzazione di nove impianti nucleari, pianificando la sostituzione dei 18 reattori che dovranno essere spenti entro il 2023 per il raggiungimento della fine della vita operativa.

Nucleare nel mondo: dati IAEA

Stando ai dati pubblicati dall’IAEA (che è un’agenzia dell’ONU e non ha quindi alcun interesse a taroccare le informazioni) l’energia nucleare è una componente fondamentale del mix produttivo elettrico dei paesi industriali. Rappresenta infatti il 13% della produzione elettrica mondiale (grosso modo alla pari con l’energia idroelettrica), il 24% nei paesi dell’OCSE (i 27 paesi più industrializzati del mondo) e il 33% in Europa. Nel mondo ci sono attualmente in funzione 436 reattori in 31 paesi (197 sono in Europa) per una potenza elettrica complessiva di 370 GWe. Ci sono inoltre 53 reattori in costruzione in 15 paesi (17 in Europa) per una potenza complessiva di 47 GWe.
Molti paesi europei ricavano dal nucleare quote molto elevate della produzione elettrica: oltre il 70% in Francia e in Lituania, il 56% in Slovacchia, il 54% in Belgio, il 47% in Ucraina, il 42% in Svezia e in Slovenia, il 39% in Svizzera, il 30%in Germania e in Finlandia, e così via. L’energia nucleare è attualmente la prima fonte di produzione elettrica in Europa. Mi sembra quindi che la tesi dell’abbandono non regga.

Energia nucleare nel mondo

Gli oppositori del nucleare sostengono che la tecnologia nucleare (reattori di terza generazione) è obsoleta, che la produzione nucleare è stata praticamente abbandonata o è in via di abbandono nei paesi occidentali (nei quali dalla fine degli anni Ottanta non si costruiscono più nuovi reattori) e che sopravvive solo in Francia e in Asia (per ragioni diverse). I favorevoli sostengono che tutto ciò non è vero. Cosa ne pensate?

venerdì 4 dicembre 2009

Gli squilibri del sistema elettrico italiano

Legambiente sostiene che il sistema elettrico italiano dispone già di una capacità produttiva sufficiente per fare fronte al fabbisogno elettrico dei prossimi anni, e quindi che in Italia non è necessario costruire nuovi impianti nucleari. Cosa ne pensate?

mercoledì 2 dicembre 2009

Normativa fonti rinnovabili

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 18 dicembre 2008
Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24
dicembre 2007, n. 244

Link a decreto (pdf)

Fonti rinnovabili

Link di aprpofondimento. Greenpeace e le fonti rinnovabili. "Fonti rinnovabili in
Italia:un’occasione mancata?"
(pdf) presentazione di Giuseppe Onufrio - Direttore Esecutivo Greenpeace Italia - al Goethe Institute

Contributo limitato delle fonti rinnovabili

Quando parliamo di contributo delle fonti rinnovabili facciamo principalmente riferimento alle fonti solare, eolica e idroelettrica. Sebbene l’utilizzo delle fonti rinnovabili sia auspicabile e desiderabile da tutti, c’è un dato oggettivo che va analizzato e approfondito. Le soli fonti rinnovabili possono soddisfare l’intero fabbisogno nazionale di elettricità?
Cito qualche dato. Per soddisfare il 10% del fabbisogno nazionale di elettricità
― ricorrendo alle biomasse (legna da ardere) occorrerebbe disporre di 120.000 km2 di boschi (in Italia ce ne sono 45.000);
― ricorrendo all’eolico occorrerebbe installare 24.000 turbine da 1 MW, che avrebbero un costo complessivo di 24 miliardi di euro e occuperebbero una superficie complessiva di 2.000 km2;
― ricorrendo al FOTOVOLTAICO occorrerebbe installare 200 km2 di pannelli, che avrebbero un costo complessivo di 240 miliardi di euro.

Per gli impianti eolici e solari i costi rischiano di aumentare per sopperire ai periodi di indisponibilità.
Alla luce dei citati resta il fatto che da sole le fonti rinnovabili non possono coprire il fabbisogno energetico di una nazione e comunque i costi da sostenere sarebbero elevati.

Un dato a margine: nel periodo 2008-2020 gli oneri di sistema per l’incentivazione delle fonti RINNOVABILI e assimilate costeranno al consumatore elettrico 25 miliardi di euro.

Legambiente
Secondo Legambiente in Italia sono 5991 i comuni che utilizzano fonti rinnovabili, un dato in crescita rispetto all’anno precedente, circa 2801 in più del 2008. Le fonti utilizzate sono solare fotovoltaico, solare termico, idroelettrico, geotermia ad alta e bassa entalpia, impianti da biomasse.
Il link di approfondimento: Comuni rinnovabili 2009 di Legambiente (pdf)

martedì 1 dicembre 2009

Il nuovo pacchetto su energia e clima

Dal sito Europa.eu (23/01/2008)

Ridurre i gas serra promovendo crescita e occupazione

La Commissione europea ha adottato oggi un importante pacchetto di proposte che darà attuazione agli impegni assunti dal Consiglio europeo in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili. Le proposte dimostrano che gli obiettivi fissati l’anno scorso sono realizzabili sia dal punto di vista tecnologico che economico e offrono opportunità commerciali senza precedenti a migliaia di imprese europee.

Commissione europea: leggi l'intervento Nuovo pacchetto su energia e clima