venerdì 4 dicembre 2009

Gli squilibri del sistema elettrico italiano

Legambiente sostiene che il sistema elettrico italiano dispone già di una capacità produttiva sufficiente per fare fronte al fabbisogno elettrico dei prossimi anni, e quindi che in Italia non è necessario costruire nuovi impianti nucleari. Cosa ne pensate?

5 commenti:

  1. Legambiente considera la potenza elettrica installata in Italia come se fosse sempre disponibile, sempre connessa alla rete e alimentata con le fonti più economiche e compatibili con l’ambiente. Non si considera la struttura della rete elettrica italiana (suddivisa in quattro sottoreti nelle quali occorre bilanciare istantaneamente produzione e consumo), l’impossibilità di accumulare l’energia elettrica (data la limitata capacità dei bacini idroelettrici), la necessità di una riserva di potenza del 25% per consentire i fuori servizio temporanei degli impianti (ad esempio, per manutenzione), l’impossibilità di ridurre oltre certi limiti le perdite sulla rete, l’obsolescenza di molti degli impianti di base esistenti (che dovranno essere sostituiti nei prossimi dieci anni), il costo del combustibile utilizzato negli impianti di base esistenti (in prevalenza gas naturale), il conseguente costo medio di produzione dell’energia elettrica (il più elevato in Europa) e la necessità di ridurre le emissioni di gas-serra (imposta dal Protocollo di Kyoto e dal “Pacchetto 20-20-20” dell’UE). Tutti questi fattori richiedono la realizzazione di nuovi impianti in grado di produrre elettricità a minore costo e con minori emissioni

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  3. Concordo con il commento n. 1. Il gestore della rete nazionale di trasporto (Terna) prevede che nel 2019 il sistema elettrico italiano avrà bisogno di una capacità produttiva di circa 90 mila MWe, a fronte dei circa 56 mila MWe disponibili nel 2008. È quindi certo che serviranno nuovi impianti elettrici, anche se si può discutere sulla loro tipologia.

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  4. Sul sito di Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home) sono accessibili le statistiche relative al costo dell’energia elettrica nei paesi europei. In effetti le famiglie e le imprese italiane pagano per l’elettricità i prezzi più elevati in Europa: il 40% in più per le utenze domestiche e il 38% in più per le utenze industriali. Il divario si accentua se si fa il confronto con i paesi che hanno una significativa produzione elettronucleare: rispetto alla Francia il kWh costa l’80% in più per le utenze domestiche e il 90% in più per le utenze industriali. Le differenze di costo derivano essenzialmente dal diverso costo di produzione dell’elettricità, che in Italia è penalizzato dallo scarso uso delle fonti più economiche (il carbone e il nucleare) e dall’ampio uso delle fonti più costose (gas, olio combustibile). Negli altri paesi europei l’elettricità è prodotta in massima parte (oltre il 75%) con carbone e nucleare.

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  5. Il vero problema da risolvere è che in Italia la produzione elettrica continua ad essere affidata quasi interamente al termoelettrico (75% circa della produzione) e ad escludere il nucleare. Di conseguenza abbiamo un costo medio di produzione dell’elettricità molto elevato ed esposto alle impennate del mercato delle fonti fossili. Anche se la capacità produttiva degli impianti esistenti in Italia potesse coprire l’intero fabbisogno nazionale, a causa dei costi di produzione elevati una parte consistente del nostro fabbisogno (il 12% nel 2008) continuerebbe comunque ad essere soddisfatta attraverso le importazioni dirette di elettricità dall’estero. Il motivo è che l’elettricità importata (prodotta essenzialmente in Francia, Svizzera e Slovenia con il nucleare) costa in media circa la metà di quella prodotta in Italia.

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